Ho letto Luigi Manconi su la Repubblica di oggi.
Risponde a Canfora e invoca la sinistra autoritaria a cui non sente di appartenere. Cercare di praticare il dubbio in tempi di guerra non è semplice.
Per questo mi sto sforzando di leggere voci di chi argomenta posizioni diverse da quelle di cui sono convinto.
Manconi contesta alla sinistra autoritaria di non essere stata dalla parte dei diritti individuali. Rivendica di aver sempre pensato che questi ultimi stanno insieme ai diritti sociali.
L’articolo è scritto molto bene e penso sia efficace, però lo trovo legato al passato, a una sorta di resa dei conti di ciò che è stato. Rivendica la politica capace di schierarsi sempre dalla parte delle vittime, contro la realpolitik. Sono disponibile a continuare a discutere con le compagne e i compagni su come si aiuta chi subisce le ingiustizie delle nostre società, anche perché continuo a sentirmene parte.
Però mi sento di ricordare come la realpolitik e la sinistra autoritaria siano il segno di quella chiamata spesso “sinistra di governo”, di quella che è sempre stata nelle istituzioni, puntando a vincere, invece che a praticare la politica anche fuori.Di una sinistra convinta di aver vinto, dopo il 1989, governando la globalizzazione e incapace di riconoscere l’esistenza di una sinistra diversa.
Quando ho iniziato la mia militanza ricordo le battute di chi stava nell’allora PdCI e nei Democratici di Sinistra: loro erano il vero marxismo, mentre Rifondazione era “movimentista”, “anarchica”, “libertaria”.
La “mia” sinistra è stata ed è al fianco di Giuseppe Uva e di Stefano Cucchi. È stata ed è al fianco delle Ong del soccorso in mare. È stata ed è al fianco di Mimmo Lucano. È stata ed è al fianco di Englaro, Welby, Antoniani e “Mario”.
Proprio per questo rimango convinto della necessità di un ruolo diverso dell’Unione Europea, che fino a pochi mesi fa era pure messa in discussione dai suoi aderenti.
Penso sbagliato dare per scontata la superiorità dell’Occidente e penso che il Novecento ci ha spiegato la necessità di provare a sminare i campi di battaglia, in ogni modo, senza cedere all’emotività.
Lo può fare chi è sotto le bombe e subisce un’invasione? No.
Lo può fare chi fa profitto sulla guerra, chi governa un sistema economico in cui la pandemia e le armi fanno ricche alcune aziende.
Erri De Luca, sul Fatto Quotidiano di oggi, dice che non crede al rischio di un allargamento del conflitto e al rischio di alimentare il numero di morti in Ucraina. Una posizione lecita. Con cui confrontarsi.
Io credo nella necessità di rimuovere l’ipocrisia dei nostri mondi.
Se le ucraine e gli ucraini devono essere parte del nostro continente (indicato come entità politica e non geografica dal sistema narrativo di oggi), sarebbe bello se non lo fossero perché abbiamo bisogno di “badanti e muratori”.
Perché i valori occidentali sono gli stessi che rendono necessario a Manconi e alla sinistra non autoritaria di stare dalla parte del torto anche nei nostri paesi.
La discussione non si esaurisce sui social, però la sinistra autoritaria ha più a che fare con la socialdemocrazia che con il comunismo
.C’è chi sta dalla parte della pace, contro l’esportazione delle armi, senza avere nessuna simpatia per la politica di potenza.
Da De Luca rubo la necessità di evitare la barbarie parolaia.La verità è che c’è una sinistra che non sembra più giocare un ruolo nel nostro Paese. La pandemia e la guerra dovrebbero spingerci a ridarle un ruolo.Con il massimo rispetto di chi c’è stato, penso che abbiamo bisogno di farlo guardando al futuro. Se c’è chi crede che diritti sociali e diritti individuali siano in contrapposizione se ne vada, che di opzioni ambigue è piena la galassia extraparlamentare.
Mettiamo da parte alcuni dibattiti concentrati solo sul Novecento: in un certo senso ci sono state lasciate solo le sue macerie.
Ci sono troppe vittime per pensare di aiutarle senza dare forza a spazi politici collettivi e organizzati.