Di questi tempi e sugli spazi virtuali è davvero difficile non semplificare e non polarizzare.
Ieri su Controradio Firenze e oggi su il manifesto (qui) sono riportate le risposte ad alcune domande che mi sono state fatte, perché venerdì sera non sono sceso in piazza a manifestare, ma ho voluto vedere e ascoltare dai perimetri, data l’enorme quantità di incertezza che ha anticipato una manifestazione che tanto aveva impaurito il sistema istituzionale e di informazione (almeno a parole).
Mentre venerdì mattina e ieri abbiamo aderito e sostenuto le mobilitazioni.
Se ci sarà il tempo vorrei provare a scrivere in modo più articolato alcune considerazioni che da ore si inseguono nella mia testa. Con la grande difficoltà di scrivere individualmente, mentre le risposte sarebbero necessarie al plurale.
Temo di essere vittima dello stesso meccanismo che a volte leggo: cercare conferme a quello che si pensa e utilizzare quanto accade per darsi ragione.
Ci sono alcune (tante, poche?) persone convinte che questa pandemia non esista. Si collocano in modo trasversale (sia socialmente che politicamente) e fanno saltare alcuni schemi di lettura a cui eravamo abituati, aggravando ulteriormente la condizione di quelle classi lavoratrici che rispetto al Covid-19 sono in “prima linea” (negli ospedali, nelle RSA, negli istituti penitenziari, lavorando al pubblico e così via).
Mentre ci sono sicuramente poche persone che hanno chiaro che ogni crisi è l’occasione per chi ha il potere di tentare di riassestarsi, a seconda dei rapporti di forza che esistono nella società, che oggi sono decisamente a sfavore di chi vede negati i suoi bisogni e i suoi diritti.
Alla politica ci sono arrivato dalla filosofia, lavorando mentre studiavo quello che mi aveva fatalmente attratto da bimbo. La penso quindi legata a tutto ciò che è umano. Quindi se c’è qualcosa che si colloca fuori dalla politica è per me un segnale di allarme, per tentare, insieme alle altre e agli altri, di incidere sulla realtà, più che di giudicarla.