“Parole che feriscono, a cui rispondiamo con l’invito al dialogo, ritenendo importante l’evento di sabato”
Dmitrij Palagi, Antonella Bundu – Sinistra Progetto Comune
Abbiamo letto con dolore le parole del Presidente della Comunità Ebraica, perché esprimono sentimenti da rispettare, in una modalità che rischia davvero di creare isolamento.
Partiamo quindi da un punto chiaro: il nostro ruolo è quello di far dialogare le parti della città, di permettere alle idee di esprimersi, in modo da togliere aria e spazio a sentimenti di odio.
Al primo evento co-organizzato sono state pronunciate parole per noi offensive, nella parte finale, in riferimento in particolare al nostro gruppo consiliare, che non ha visto riconoscere nemmeno la dignità di essere nominato. Abbiamo però compreso che era il momento dell’ascolto e ci interroghiamo su come superarle.
Non abbiamo pensato per un momento di ritenere sterile il giudizio pesante ascoltato, anche se non ne condividevamo il contenuto, la forma, l’obiettivo.
L’uso della parola genocidio è oggetto di misure cautelari adottate dalla Corte Internazionale di Giustizia, a seguido di una denuncia del Governo del Sudafrica, Paese che ha conosciuto il dramma dell’apartheid e a cui non si può rimproverare scarsa conscenza dei temi legati alla discriminazione.
Parlare di tripudio di applausi e di immaginario antiebraico vuol dire scegliere un registro violento, per creare asimmetria, ostacolando il dialogo.
La Comunità Ebraica di Firenze sa bene come i crimini del fascismo siano elemento di imbarazzo quando si discute di colonialismo italiano e antiziganismo.
Dov’è finito l’impegno comune quotidiano che pratichiamo nella nostra Città? Perché la Comunità Ebraica sceglie di confondere le forze antifasciste cittadine con il revisionismo dell’estrema destra?
Proprio il Presidente della Comunità Ebraica ha più volte ricordato l’importanza di non creare classifiche del dolore e delle tragedie. Il riferimento all’esilio dorato di Pappé è un altro elemento sorprendente, per la scelta delle parole. Una soluzione retorica usata nei confronti di tante figure, che nasconde meccanismi di odio e rancore. Non vogliamo fare esempi, perché renderebbero lo scambio ancora più doloroso.
Nel testo ricevuto si parla di “cattivi maestri”, di “parole malate”, di una cittadinanza “mal guidata” (quasi ci fosse un uso delle masse inconsapevoli).
La Comunità sceglie di attaccare figure accademiche, realtà note per la loro storia antifascista, figure delle Nazioni Unite e un’intera parte del Consiglio comunale, spesso presente negli appuntamenti antirazzisti e in cui si ricorda la gravità dell’olocausto.
La guerra avvelena e ci sforziamo di capire come sia possibile un simile ribaltamento del linguaggio.
Non rinunciamo comunque al dialogo. Non cadremo nella tentazione di rispondere a recriminazioni con recriminazioni.
Vogliamo impedire che questa lettera possa diventare un elemento che crea fratture, come invece sembra desiderare chi sta facendo chi la impugna per chiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio. Perché Firenze è città anche della Comunità Ebraica, di tutte le comunità. Non abbiamo cattivi maestri a Firenze, ma solide tradizioni a sostegno della solidarietà tra i popoli. E il popolo palestinese sta subendo un massacro. Dirlo non implica nessuna giustificazione rispetto al 7 ottobre. Subiamo parole violente da molto tempo. Ci feriscono. Ma le tragedie del Novecento ci hanno insegnato a prenderci cura delle nostre ferite provando a curare anche quelle di chi abbiamo intorno.
Prendiamoci cura delle nostre comunità, evitiamo anatemi. Siamo il gruppo consiliare che ha organizzato un evento sull’apartheid in Israele, che ringrazia il Presidente del Consiglio comunale e la Rete Pace e Giustizia in Medio Oriente per aver reso possibile la giornata nel Salone dei Cinquecento. Siamo lo stesso gruppo che ogni giorno si impegna nel contrasto all’antisemistismo e a ogni forma di razzismo. Che attraversa i movimenti dell’antifascismo e dell’antirazzismo sociale. Riteniamo estranee molte accuse sentite e riteniamo la lettera del Presidente pericolosa. Per questo ci sforziamo e sforzeremo ancora di più per rendere possibile il dialogo.