Terrorismo e omicidio di Stato in Turchia.
Ebru Timtik era in sciopero della fame dal 2 gennaio.
238 giorni di sciopero della fame.
In carcere.
Accusata di terrorismo. Avvocatessa. Colpevole di aver svolto il suo lavoro.
Accusata di terrorismo. È bene ripeterlo. Perché anche in Palazzo Vecchio, specialmente dalle destre, quando chiediamo la liberazione di Öcalan, o il sostegno al PKK, veniamo denunciati di stare dalla parte del terrorismo.
In Turchia il terrorismo è al governo.
Prima di lei sono morti Helin Bolek, 288 giorni di sciopero della fame, e Mustafa Kocak, 297 giorni di sciopero della fame. E tante e tanti altri.
Prosegue la lotta di Aytaç Ünsal, anche lui avvocato, 205 giorni di sciopero della fame, incarcerato. In una sua lettera ha scritto:
«Non ho mai lasciato indietro le persone più vulnerabili. Ho vissuto i momenti più felici della vita mentre difendevo i più deboli nei tribunali. Grazie al mio lavoro di avvocato ho conosciuto il valore della vita e delle singole persone. L’ufficio legale popolare mi ha insegnato la vita in termini reali. […]
Ora mi stanno costringendo a rinunciare a tutto questo. Dicono che non puoi difendere gli operai, gli abitanti del villaggio, la gente dell’Anatolia. Dicono che non puoi essere un avvocato presso l’Ufficio legale popolare. Dicono che non puoi vedere Didem per i prossimi dieci anni e mezzo. Stanno cercando di mettere al bando le persone, il paese, il mio amore, la mia professione.
Ma queste non sono cose senza valore a cui puoi semplicemente rinunciare. Non è abbastanza semplice dire “Beh, non c’è niente da fare.” Io non rinuncerò mai alla mia gente, all’Anatolia, che mi ha insegnato la vita, che mi ha reso umano con il suo sforzo. Morirò ma non mi arrenderò».
La lettera tradotta qui.