Recensione pubblicata su Il Becco (originale qui).
Christian Salmon è autore divenuto noto per i suoi libri sullo storytelling, un sistema di narrazione che avrebbe sostituito la politica occidentale nel momento in cui questa ha perso il suo potere di incidere sulla realtà. Fake. Come la politica mondiale ha divorato sé stessa viene presentato come il seguito di quella riflessione. Il titolo originale in francese è L’Ere du clash e clash è il termine non tradotto con cui si ritiene chiusa la spirale di svuotamento delle forme di sovranità conosciute nel corso del Novecento. Trump è il miglior esempio di un sistema di governo basato sulla frammentarietà di dichiarazioni che provocano sentimenti estremi e contrastanti. Il seguito forse inevitabile del racconto di Obama, che non a caso sarebbe passato a lavorare per conto di Netflix. L’autore guarda su entrambe le sponde dell’Atlantico. Ricorda anche di essere stato citato da Matteo Renzi, quando Feltrinelli scelse di pubblicizzare “le scelte [di lettura] del premier”. Il libro si apre sugli Stati Uniti, ma sposta poi la sua attenzione sul rottamatore italiano e l’ascesa di Macron in Francia, volgendo lo sguardo al recente passato degli attentati terroristici (nel “nuovo” e nel “vecchio” continente). Concentra poi una parte significativa di pagine sulla storia di Tsipras in Grecia, con una ricostruzione esplicitamente sovrapponibile alla versione di Varoufakīs. L’attualità politica è forse la parte meno interessante di questa novità del mercato editoriale italiano. Il testo è stato chiuso a novembre 2018, con pubblicazione nel corso dell’anno successivo oltralpe. Arriva con alcune modifiche e tradotto in italiano nel febbraio del 2020, proponendo diversi commenti di Civati e altri nomi noti del giornalismo nazionale. I giudizi sugli esecutivi e l’Unione Europea non brillano per originalità, limitandosi a una sorta di sintesi che chiarisce il collocamento dell’autore. Di valore c’è invece una riflessione critica su quella categoria che Salmon stesso ha contribuito a rendere nota, seppure da una posizione estremamente critica: lo storytelling è infatti considerato all’antitesi di quello che dovrebbe essere la politica. Oggi le società occidentali sarebbero ulteriormente degenerate, in un’epoca dove la disillusione ha reso senza parole il presente e soprattutto il futuro. L’ultima grande narrazione sarebbe quella di Reagan e Thatcher, mentre la caduta del Muro di Berlino e il crollo delle Torri Gemelle avrebbero certificato il crollo di ogni orizzonte di lungo periodo. Tramontate le organizzazioni collettive, a partire dai partiti, le istituzioni sarebbero ridotte a uno spettacolo i cui attori (e le cui attrici) vengono inevitabilmente bruciati dal non mantenimento di promesse, il cui unico scopo è mantenere un minimo di legame emotivo con i simulacri del potere. Il referendum greco indetto da Syriza avrebbe rappresentato una novità importante, purtroppo isolata. Si sarebbe costretto il potere a venire allo scoperto, in conflitto con la sovranità popolare. La volatilità delle dichiarazioni prevale sulla validità, così da rendere del tutto privo di credibilità il discorso politico. «È questa la singolare maratona che l’homo politicus neoliberale è destinato a correre: la maratona delle promesse sospese. Deve promettere il cambiamento ben sapendo che non può cambiare granché a causa dei mercati finanziari, della globalizzazione neoliberale, della costruzione europea, delle agenzie di rating». Nessuno spazio è dato ovviamente alla dimensione plurale. Sono le biografie a occupare la scena, per provare a coprire l’inconsistenza della decisioni politiche. Una denuncia forte, con accenni apocalittici già presenti nella precedente elaborazione di Salmon. Un’utile denuncia della contemporaneità, a cui mancano però indicazioni di uscita. Anche perché al di là del giudizio sul governo Tsipras occorrerà prima o poi riflettere criticamente su quello che è stato a livello europeo. La Grecia su quali forze solidali ha potuto contare? Quale è il ruolo svolto dalla sinistra di alternativa nel XXI secolo, dopo l’esperienza di Genova 2001 e quel poco che ne seguì? Fake decostruisce in modo efficace la politica mainstream, aggiungendo un capitolo di teoria critica agli amanti della comunicazione. Non sufficiente, ma comunque abbastanza per arricchire le riflessioni di chi non smette di interrogarsi sul presente, con la speranza di poter influire sul futuro.
La scheda del libro sul sito dell’editore cliccando qui.