Articolo uscito su Il Becco, qui.
Massimo D’Alema è ormai un archetipo della politica italiana, almeno sulle reti sociali. Tra meme e discussioni polarizzanti, diventa difficile scrivere il suo nome senza sentire in sottofondo il tuono di qualche polemica.
Donzelli Editore ha pubblicato, a maggio 2020, il testo di alcune lezioni tenute alla Link Campus University, nel corso dell’anno precedente, riviste alla luce della pandemia Covid-19, che ha spinto all’autore a scrivere un’introduzione che colloca le analisi di politica internazionale nel contesto contemporaneo dell’emergenza sanitaria.
La geopolitica è un terreno affascinante e pericoloso. Spinge anche le persone più preparate ad astrarre la realtà, quasi la vita quotidiana fosse un gioco da tavola.
Grande è la confuzione sotto il cielo è il titolo di questo prodotto editoriale, che non può essere considerato tra le cose più interessanti scritte da un protagonista della cosiddetta Seconda Repubblica italiana.
I passaggi più interessanti sono gli aneddoti. La battuta di Giovanni Paolo II sul comunismo (“chi difenderà ora i poveri?”), la visita a Gaza prima del tracollo di Fatah nell’area, la frase di Gheddafi sui bikini in Libia, le dichiarazioni di Gorbačëv durante una cena informale… Racconti narrati con semplicità, non priva di toni autocompiaciuti. Se non fosse D’Alema potremmo parlare anche di ingenuità, almeno quando descrive la devozione di Putin per San Nicola, attestata a Bari, come un elemento indicativo dello spirito reale dell’uomo del Cremlino… Un gesto lontano dalle telecamere, ma compiuto di fronte a esponenti istituzionali, non detto sia da considerare un gesto spontaneo. Non per essere cinici a tutti i costi, ma la politica non coincide con le sue narrazioni…
La posizione di D’Alema è sintetizzabile e sistematica: la globalizzazione deve essere riformata, per salvare il capitalismo. L’unica critica all’internazionale progressista che ha governato il passaggio tra gli anni ’90 e il nuovo millennio è quella di aver lasciato eclissare la politica, a favore dell’economia (che pareva destinava a crescere in modo inarrestabile).
L’occidente resta il baluardo della libertà e dell’individualità, mentre dalla Cina e dalla Russia può venire un bilanciamento di quello che è fallito tra Stati Uniti ed Europa, in termini di aumento delle disuguaglianze.
I rapporti di forza all’interno delle società non emergono. Il superamento del capitalismo non è all’ordine del giorno. Anzi…
La cultura cattolica è vista come l’altra sponda, assieme alla Cina, su cui può rinascere una civiltà umana capace di costruire un futuro migliore, un capitalismo globale mitigato e controllato dalla dimensione pubblica…
Stiamo attraversando un interregno gramsciano, secondo l’autore, nel quale il vecchio non è ancora del tutto morto, mentre il nuovo non nasce. In questo passaggio l’Unione Europea deve costruirsi come polo autonomo, in risposta ai populismi. D’Alema sposa quindi la ricostruzione della democrazia contrapposta al sovranismo, senza spiegarla, dandola per scontata.
C’è un filo di nostalgia in queste pagine. L’occidente non sparirà, se saprà ridare dignità al ruolo di riferimento che ha svolto ancora pochi decenni fa. D’Alema cede anche a quello che imprecisamente viene chiamato machiavellismo, finendo per risultare ambiguo nei confronti dei paesi sfruttati del continente africano.
Per risolvere il problema della natalità e della sproporzione a cui il vecchio continente va incontro, per i troppi pensionati, rispetto alle generazioni in età da lavoro, si propone di sfruttare la crescita demografica della sponda meridionale del Mediterraneo. Non si parla di favorire nuove nascite, ma di far arrivare i migranti e le migranti a lavorare, per poi far rientrare delle persone ormai formate nei propri paesi di nascita…
Massimo D’Alema, nonostante sia ormai distante dal Partito Democratico, si conferma organico a quella cultura socialdemocratica che insiste a non mettere in discussione l’imprescindibilità del modello capitalista.
Non mancano passaggi di interessante lucidità e affermazioni suggestive, in questa breve pubblicazione (160 pagine), ma la crisi dell’ordine mondiale si astrae da troppi elementi reali per acquistare una utile consistenza per l’azione politica.
Peccato, viene da dire, con grande rispetto per un autore che ha sicuramente più esperienza di chi commenta questo libro.
Alla sinistra del XXI secolo occorre prendere consapevolezza di ciò che è stato, negli anni centrali della più recente globalizzazione. Degli errori del centrosinistra occidentale, quando si parlava di un unico villaggio, dove il rischio era rappresentato solo dall’omologazione culturale, che non ha caso torna come principale difetto della storia presente, secondo D’Alema, alla base della reazione identitaria islamica, delle vittorie di Putin e del confucianesimo in Cina.
La crisi economica del 2008, come quella pandemica del Covid-19, ha solo acuito problemi già esistenti, accendo i riflettori su iniquità e ingiustizie messe in discussione solo da chi sosteneva e sostiene che un altro mondo è possibile. Anzi, ormai è necessario, per il futuro stesso del genere umano, a partire dalla sostenibilità ambientale…