“Il testo della comunicazione effettuata durante la seduta del 24 luglio 2023 in Consiglio comunale a Firenze”
Dmitrij Palagi, Sinistra Progetto Comune
La notizia della morte del Professor Giancarlo Garfagnini è arrivata pochi giorni fa, dal sito dell’Università degli Studi di Firenze. Ho la possibilità di ricordarlo come suo ultimo laureando. Un titolo di cui non ho merito, ma che non per questo sento meno importante. La Professoressa Anna Rodolfi, quando le ho chiesto dell’opportunità di questa comunicazione, ha usato un’espressione bella. Oggi abbiamo uno spazio per far “risuonare” in questo Palazzo il nome di un maestro della storia del pensiero politico, medievale e rinascimentale.
Immagino la sua possibile ironia sul fatto che questo avviene nel Salone de’ Dugento e non in quello a noi vicino dei Cinquecento, voluto da Girolamo Savonarola, a cui sono dedicati molti degli studi di Garfagnini.
Stiamo parlando di un ricercatore e di un professore che ha dato moltissimo alla nostra città e ai suoi legami intellettuali con il resto del mondo.
Ricordo uno dei caffè al Chiaroscuro presi in via del Corso (oggi quel locale non c’è più). Parlavamo di come Firenze, nei secoli, non abbia saputo mostrare grande amore per la sua Università. Nel suo sorriso, dolce e fermo, c’erano leggerezza e profondità.
Viviamo in una società dove si usa dire che le persone miti non possono fare politica. Abitualmente si pensa che l’umiltà non sia una virtù, se si vuole concorrere ai momenti elettorali. Al Pellegrino, dove era il Dipartimento di Filosofia, ho potuto imparare che questa è solo un’opinione. Lecita, ma non l’unica. In quest’aula agiamo con le parole. Non siamo in una sala chirurgica, dove dobbiamo operare d’urgenza le persone a cuore aperto. Ma abbiamo comunque un compito importante, occuparci del bene comune della nostra città. Non sempre dimostriamo consapevolezza.
Siamo il Comune che nel medioevo elabora un’ideologia di “florentina libertas”, che si pensa come modello nella nascita di un nuovo panorama europeo. Oggi la dimensione nazionale sembra essere inadeguata alle sfide della globalizzazione: anche per questo è fondamentale tornare a dare centralità al senso del bene del comune e del vivere in società.
Savonarola ci ha invitato a essere una nuova Gerusalemme. Garfagnini ha saputo scrivere di lui e di altre figure intellettuali centrali in quei secoli, evidenziando come la fede in Dio fosse spesso fede nell’umanità. L’aspirazione a essere la parte migliore di noi, di saperci mostrare al servizio di chi abbiamo intorno, della comunità. Costruendo le condizioni perché la corruzione delle istituzioni non possa affermarsi, attraverso una democrazia che si riconosce nella dimensione di popolo.
Dai suoi studi, dalle sue ricerche, dalla sua capacità di trasmettere il sapere, si possono trarre lezioni fondamentali sul potere, capaci di indirizzare le scelte della contemporaneità. Prima di leggere un estratto di uno dei suoi studi vorrei ricordare altri due aspetti. Nonostante la discrezione del Professor Garfagnini era semplice comprendere il profondo legame con la sua famiglia e con l’insegnamento di Eugenio Garin.
In un suo saggio sulla ricezione di Platone in epoca medievale, si parla di un progetto politico finalizzato alla pace ed alla tranquillità della cittadinanza, perché solo così si può garantire «all’uomo di poter esplicitare la propria dignità e mirare alla felicità». Una felicità diversa da quella che nelle nostre società spesso si invita ad esibire, su base individuale. Una felicità radicata in un fine comune che riconosce le pluralità, ma comunque ricerca la capacità di riconoscersi in una stessa umanità, dando ristoro a chi prova stanchezza e oppressione.
«Dio crea e conserva il mondo, il suo essere è garante dell’esistenza, del mondo della natura come di quello dell’uomo. Se ciò è un sogno, bisogna dire che non è il peggiore dei sogni, e dopo tutto l’uomo non è Dio, può solo sforzarsi di avvicinarglisi».