Il tempo di fare qualcosa per recuperare l’istituto di pena a un rapporto solido con la città sta per scadere. Occorre maggiore trasparenza.
Massimo Lensi, Associazione Progetto Firenze
Dmitrij Palagi, Sinistra Progetto Comune
Le carceri italiane tornano a essere sovraffollate più di quanto un fisiologico soprannumero di ristretti consentirebbe. Il carcere fiorentino di Sollicciano è uno tra gli istituti penitenziari italiani più difficili e di nuovo ospita più detenuti di quanti struttura e organizzazione possono reggere. Oggi, è un complesso abnorme e decerebrato: cemento ovunque, una collezione di gigantesche tracce di infiltrazioni umide, con a contorno enormi spazi vuoti colmi di squallore e degrado, invece che di vita sociale.
Unica eccezione l’inutilizzato giardino degli incontri, voluto e ideato dall’architetto Michelucci, che al più è usato come spazio per rari convegni. Tutto a Sollicciano è sproporzionato. Smisurati i corridoi di collegamento tra vari bracci, enormi le porzioni di cemento ricurvo che fungono da collegamento panottico tra sorveglianti e detenuti, mastodontica la visione di insieme: 15 ettari di cui solo 2,5 coperti. Un mostro da qualsiasi punto di vista lo si voglia guardare, una fatica immane per chi lo deve vivere e per chi ci deve lavorare.
In questa oscillazione tra realtà percepita e diversità, l’apparato istituzionale nicchia a dare risposte. Il carcere è un muro di gomma su cui tutto rimbalza e, soprattutto, è un’ideologia della trasformazione che rischia di entrare nei tessuti vitali della nostra società, avvelenandoli. Lo Stato sociale di diritto naufraga e con sé porta a fondo i precetti classici della solidarietà e della civiltà giuridica.
Non entriamo nel merito delle ultime vicissitudini amministrative in cui si è avvolto l’istituto. Occorrerebbe leggere le carte, come si dice, per farsi un’idea. E le carte hanno un percorso obbligato di fronte alla giustizia: accusa e difesa si devono confrontare. Capiamo però, che i problemi non si risolvono con lo scorrere del tempo. E il tempo di fare qualcosa per recuperare l’istituto di pena a un rapporto solido con la città sta per scadere.
Occorre una maggiore trasparenza su tutti gli investimenti istituzionali verso l’istituto penitenziario fiorentino. Una trasparenza amministrativa, politica e contabile sui progetti che vedono coinvolti la direzione, le associazioni del volontariato, e tutto il mondo che ruota attorno a Sollicciano. Per questa ragione, noi che abbiamo a cuore la relazione tra carcere città, chiediamo al DAP il commissariamento di Sollicciano. Chiediamo l’arrivo di un commissario ad acta, dotato di poteri e risorse economiche, per iniziare velocemente i lavori di ristrutturazione e risanamento dell’istituto, senza perdere altro tempo utile.