“Lunedì nuova domanda di attualità, dopo gli eventi drammatici di queste ore”
Dmitrij Palagi, Antonella Bundu – Sinistra Progetto comune
Massimo Lensi – Associazione Progetto Firenze
Che condizioni si vivono all’interno degli istituti penitenziari e in particolare a Sollicciano?
Si tratta di una domanda su cui dovremmo ritornare ogni giorno, come chiediamo da tempo, evidenziando come il carcere sia parte a tutti gli effetti della città.
Renderlo una discarica sociale, separata dal resto del tessuto urbano, “lontana dagli occhi”, rende la situazione insensibile, per chiunque attraversi quello spazio (popolazione detenuta, personale volontario, lavoratrici e lavoratori).
Dentro quelle mura si moltiplicano dolore, malattie e sofferenze. Sparisce ogni ipotesi di “tensione verso la rieducazione” stabilita dalla Costituzione.
La salute mentale è l’emergenza che si aggiunge, in modo sempre più pesante. Restano inoltre tutti i problemi di sempre: sovraffollamento, cucine e lavanderie che non funzionano adeguatamente, assenza di progetti che sappiano rompere l’isolamento della casa circondariale.
Proprio ieri si teneva la presentazione di un libro, a Sollicciano, insieme al capo del Dap. Poco dopo un detenuto si è tolto la vita.
Come già avvenuto questa settimana, lunedì torneremo a sollevare il tema in aula.
Quante tragedie devono consumarsi per capire che c’è un problema di sistema, che non riguarda il cemento, ma il contesto sociale in cui il carcere va messo in discussione, perché è un modello che non funziona?
Se le istituzioni e le autorità competenti si fisseranno ancora nel proporre un carcere nuovo, o rinnovato, come unica soluzione ai problemi di Sollicciano, la perdita di contatto con la realtà della crisi rieducativa sarà totale e si chiuderà in se stessa nonostante gli appelli che provengono non soltanto dalla popolazione detenuta, ma anche da chi dentro al carcere lavora e fa attività di volontariato. Per ridisegnare il ponte tra reinserimento sociale e istituto, il primo problema da affrontare è quello del disagio fisico e mentale, sia in termini di presidi interni che di prevenzione. Il carcere deve aprirsi alla città e questa al carcere in un rapporto circolare virtuoso di esperienza e conoscenza.