“Per chi vive la città tutti i giorni, abitando e lavorando, andando a scuola o a fare la spesa, gli “eventi” come “Pitti” hanno un vago sapore ottocentesco, per cui la gente “ordinaria” può essere spostata ad uso dei visitatori, come accade in questi giorni in Via Mannelli, che viene trasformata in un hub ad uso della città vetrina, temporanea, caotica, travolgente. Così, per fare fronte al groviglio di taxi, ncc, bussini e navette private che la kermesse impone, si fa terra bruciata. Come pure, tanto per non mescolare l’utenza ordinaria del bus urbano con quella dell’evento, si spostano anche le fermate di 17 e 20 dalla Fortezza.
Quale sia il valore economico della moda per Firenze è noto, anche in termini di occupazione e ricadute, ma che non sia possibile integrare le diverse funzioni in un piano organico ci pare impossibile. Eppure è così. La città più che ospitale è prona, in balia di flussi di turisti di ogni tipologia, al limite della compatibilità con la residenza e l’utenza ordinaria. Per ogni eventualità, la città viva si piega alle necessità della città vetrina, alla città del consumo, fintanto che non si sarà consumato anche l’irriproducibile e l’ordinary people sarà stata tutta espulsa, in un modo o nell’altro, dalla propria città.
Così oggi depositiamo l’ennesima interrogazione per domandare “perché”, ma già immaginiamo quali saranno le risposte possibili”.