Firenze, tra Machiavelli e Savonarola: in ricordo di Giancarlo Garfagnini
“Ieri riuscito e partecipato appuntamento in ricordo di un protagonista della storia della filosofia medievale”
Sinistra Progetto Comune
Ringraziamo il Presidente del Consiglio comunale, il personale di Palazzo Vecchio e l’Università degli Studi di Firenze per aver realizzato l’evento di ieri, Firenze, tra Machiavelli e Savonarola.
Ci è dispiaciuto che non tutte le persone siano riuscite a trovare posto, in un Salone dei Cinquecento gremito.
Ricordare in questo modo il Professor Giancarlo Garfagnini pensiamo sia stato importante per tutta la Città.
Grazie al Presidente e agli uffici è possibile – per chi non ha avuto modo di esserci – rivedere gli interventi delle Professoresse Anna Rodolfi, Isabella Gagliardi, Anita Norcini Tosi e del Professor Fulvio Cervini: https://www.youtube.com/watch?v=rgjlGw6bkJY
Il capoluogo toscano ha una tradizione consolidata di riflessione politica, di tensione tra il cambiamento e la storia.
Ringraziamo anche la famiglia per aver condiviso questo momento con noi. E ringraziamo Carlo Galletti per la foto.
Riportiamo il testo del saluto fatto da Dmitrij Palagi, consigliere comunale e ultimo laureando del Professor Garfagnini.
Sulle spalle dei giganti
Dmitrij Palagi, Consigliere comunale
Grazie al Presidente del Consiglio Comunale, che ha accettato di organizzare questo pomeriggio e per il modo in cui svolge il suo ruolo. Grazie al personale del Comune di Firenze che rende possibile l’evento. Grazie alla famiglia di Giancarlo Garfagnini. Grazie alle Professoresse Anna Rodolfi, Isabella Gagliardi e Anita Norcini Tosi. Grazie al Professor Fulvio Cervini. Grazie all’Università di Firenze, ai Dipartimenti Dilef e Sagas. Grazie a voi che avete scelto di partecipare in presenza a questo appuntamento.
Siamo in un luogo importante, di storia, di cultura, di arte; ma Palazzo Vecchio è per prima cosa un luogo di potere. Così come l’Università è un luogo di potere. Ho attraversato l’accademia per alcuni anni, potendo vantare di essere stato alla “scuola del Pellegrino”, in cima a via Bolognese, dove un tempo avevano sede le aule di Filosofia. Il mio primo ricordo di Garfagnini è però in Santa Croce. Una lezione introduttiva di un seminario sulla felicità, come ricerca costante della persona, che ambisce a stare bene.
Chi ha la possibilità di insegnare esercita una forma di potere, ne ho voluto parlare stamani in classe, in un Centro di Formazione Professionale dove è una bella sfida costruire dialoghi sul significato della vita. Anche un Consigliere comunale esercita una forma di potere, per quanto piccola possa sembrare, rispetto a tanti altri livelli istituzionali. Impegnarsi a metterla a disposizione di una causa comune, della Città, è una delle lezioni più belle del mio percorso da studente e da consigliere.
Nani sulle spalle dei giganti è anche il titolo di un evento del 2014 organizzato dalla Regione Toscana, durante il quale il Professor Garfagnini era in programma con l’intervento Dal dire al fare, in nome di Dio: Savonarola e Firenze. Vorrei qui condividere la mia testimonianza di un cittadino che negli studi di Garfagnini ha trovato e trova la tensione del passaggio tra teoria e prassi, tra prassi e teoria.
Userò alcune delle sue parole, tratte da un saggio su Machiavelli. Nel quale chiarisce che quando ci si rivolge alla filosofia medievale occorre sapere che è «filosofia vera e a tutti gli effetti». Una «visione complessiva» che una parte consistente del mondo europeo ha avuto di sé stessa, in un arco di tempo che comprende interi secoli. Un’era piena di cambiamenti, rivoluzioni, tumulti e conflitti.
«Mutano, col passare dei secoli che scorrono di fronte agli occhi dello storico, con l’accrescimento delle conoscenze ed il variare della situazione generale, le soluzioni che ai problemi vengono date, ma non muta il perché certi problemi continuino a porsi».
I perché, le domande di senso, ci accompagnano tutti i giorni, che le si vogliano affrontare o meno.
Il Professor Garfagnini è salito sulle spalle dei giganti e attraverso lui possiamo ergerci a nostra volta sugli orizzonti aperti dal pensiero politico medievale. In modo fugace qui lo ringrazio per avermi permesso di incontrare Tommaso d’Aquino, Bonaventura, Giovanni da Parigi, Matteo d’Acquasparta, Egidio Romano, Remigio de’ Girolami, Pietro di Giovanni Olivi, Marsilio da Padova, Guglielmo di Ockham. Sono solo alcuni dei nomi che ho avuto l’opportunità di studiare, ma che non sentiamo quasi mai nel dibattito politico del nostro tempo e in questo Palazzo, nonostante facciano parte della nostra identità.
Per me è stata fondamentale l’efficacia con cui il Professor Garfagnini spiegava la centralità della cosiddetta “riscoperta di Aristotele”, un evento di cui sentiamo ancora l’eco. Scrivendo del pensiero tomista ricordava che esiste una tradizione filosofica per cui la politica è «l’idea del massimo dell’impegno a cui ogni essere umano degno di questo nome è chiamato. La più nobile scienza nell’ambito della vita pratica».
Nel medioevo assistiamo a una crisi dei poteri universali. Mentre si scontrano impero e papato, si formano nuove sovranità, in modo non lineare, ma irreversibile.
Nel Duecento si (ri)afferma anche a livello teorico l’«opportunità storica di dar luogo a forme diversificate di organizzazione politica, tali da rispondere a diversità di carattere antropologico e sociale, relative a condizioni spazio-temporali non omologabili ad un unico astratto modello». Una finalità che non è in contrasto con la conduzione spirituale affidata al regno di Cristo, che non è però di questo mondo.
In un laboratorio politico di profondi mutamenti acquistano nuovi significati parole che usiamo ancora oggi.
«La libertà, dal punto di vista religioso, resta a connotare una dimensione dello spirito, la dimensione umana nell’ottica della fede. Per quel che riguarda l’assetto storico, pratico e concreto dell’ordinamento politico, libertas definisce ormai stabilmente i diritti delle singole realtà statali a fronte di qualsiasi pretesa esterna alla loro giurisdizione, che è, questa sì, assunta come punto di riferimento proprio e naturale. Analogamente, il bonum commune non sta più ad indicare una caratteristica spirituale, interpretata e mediata dall’istituzione ecclesiastica, ma si riferisce a cose ben concrete, come l’equità fiscale, la giustizia nei commerci e nei rapporti interpersonali, i diritti delle singole componenti del quadro sociale e politico, che trovano nell’interesse reciproco il loro punto di equilibrio, qui ed ora, non nell’al di là. Tutto ciò sta a significare la desacralizzazione della società basso medievale? Non si tratta assolutamente di questo, ma piuttosto di una ridefinizione degli ambiti, di una reazione, per un verso, a pretese ormai considerate eccessive e non più funzionali e, per l’altro di riscoperta dei valori religiosi come premesse e conclusioni metastoriche ad un percorso che è affidato all’uomo e alla sua ragione».
Il Professor Garfagnini aiuta anche a ricordarsi che politica e teoria politica non sono la stessa cosa. Prassi e teoria si tengono, ma non si annullano. L’una senza l’altra perde di senso.
«Sono stati definiti, nell’ottica della trattatistica politica, «modesti» i testi della polemica contro Milano di Coluccio Salutati ed altri analoghi in difesa della Florentina libertas. I cancellieri della Repubblica, che con grande autorevolezza ed abilità retorica intervennero per sostenere le ragioni della città, del suo ordinamento come delle sue finalità espansionistiche, eseguirono le direttive di una classe politica che stava alle loro spalle e provvedeva a pagare il loro stipendio. Di funzionari di altissimo livello si trattava, non di teorici della politica, e che altrove ed egregiamente diressero le loro energie creative: non si rende loro un buon servizio, in realtà, né lo rendiamo a noi stessi e alla nostra esigenza di comprenderli, se li rivestiamo di un abito e di un’autorità che non spettava loro. Machiavelli no, Machiavelli costituisce un caso assai diverso, e non tanto per il fatto che il suo status di funzionario senza troppa fortuna lo rese più sensibile alle teorizzazioni, ma perché sin dall’inizio della sua attività ai fondamenti ed alle motivazioni dell’agire politico, all’analisi di ciò che si fa e si può prevedere tenendo come punto di riferimento il bonum dello stato di cui era rappresentante dedicò un coinvolgimento ed una lucidità di analisi che rispondevano ad una sua intima necessità».
La politica può essere una vocazione, senza che si trasformi in un’ossessione. Questo costringe a stare dentro un contesto dove la dimensione individuale si scontra con i limiti del tempo in cui si vive. Ogni giorno richiede il suo compromesso, le sue scelte.
Il Novecento ci ha insegnato i volti peggiori del potere. Ma senza potere è possibile cambiare qualcosa? Ed è possibile esercitare potere con umiltà vera, mettendosi completamente al servizio della Città? E perché dedicare la propria esistenza al bene comune, senza sapere quali risultati si otterranno? Spesso le azioni nella storia e le teorie politiche influiscono quando non c’è più chi le ha compiute o elaborate. Agiamo senza avere certezze delle conseguenze, senza sapere quale segno lasceremo. Perché il contesto determina cosa possiamo fare, ma anche come ci consegneremo al ricordo delle nostre comunità.
Per esercitare al meglio la propria funzione, il proprio potere, occorre che la forma corrisponda alla sostanza, che esista un’autorevolezza che prescinde dall’autorità.
Garfagnini è stato ed è un maestro, un gigante. Sono convinto che questa giornata ci aiuterà a guardare a un orizzonte più ampio.
Vi rubo il tempo per un’ultima citazione.
«Consapevolezza del mutare delle opinioni e delle passioni popolari, quindi la necessità di poter disporre di strumenti coercitivi per poter far continuare a credere chi non crede più; questa è la virtù del realismo politico, ma non poteva essere una virtù nell’organizzazione politica voluta dal Savonarola. […] Eppure, su alcuni aspetti, consonanze o riecheggiamenti [tra Savonarola e Machiavelli] sembra di poterli percepire, ma probabilmente in molti casi di debbono ad un comune fondamento morale e repubblicano, ad una considerazione per il ruolo della partecipazione al governo sul quale, più che su qualsiasi altro potere od aiuto, può fondarsi con qualche certezza il potere di un principe. […] Comunque le distanze sono tante e reali, e la maggiore, che segna anche il distacco più notevole rispetto alla tradizione politica medievale sullo stato, deriva dalla constatazione che per Machiavelli la mutabilità connota le cose umane, e non c’è più alcun ordine sovrannaturale che possa incardinare quello naturale. L’uomo è solo, con tutta la sua responsabilità politica e morale, di fronte alla natura ed alla sua creatura: virtù e fortuna combattono tra loro una guerra, in cui la prima vince soltanto e per tutto il tempo che la seconda, benignamente, gli concede. […] Ciclicità e imponderabilità degli eventi: il distacco da una idea della vicenda umana ricondotta sotto il disegno della ragione retta (umana e/o divina) può dirsi completato».
Dalla consapevolezza di queste novità, di questo processo, torna l’importanza della politica come idea di massimo impegno per una persona che aspiri a essere degna: la forma più nobile di vita pratica, soprattutto da esercitare nei contesti democratici, dove le forme rischiano di essere vuote o ingiuste strutture di potere, se manca partecipazione.
Con o senza Dio, la politica può essere una vocazione, una tensione teorica e pratica..
Per questo ringrazio qui, nel Salone dei Cinquecento, in Palazzo Vecchio, il Professor Garfagnini, ringraziando nuovamente tutte e tutti voi per essere qui.