“Le notizie di questi giorni dovrebbero spingere almeno una parte della politica a discutere di rilancio delle assunzioni, anche parlando di diminuzione dell’orario di lavoro a parità di salario”
Dmitrij Palagi, Antonella Bundu – Sinistra Progetto Comune
Il Museo del Duomo che chiude, sui servizi di trasporto pubblico locale ci sono dei dubbi in vista della ripresa delle scuole, il Sindaco e la politica commenta i dati sulle quarantene: arrivando a ipotizzare di cambiare le regole relative alla gestione sanitaria.
Chiaramente tutto ciò è inevitabile, ma ci stupisce come manchi qualsiasi riflessione sul modello di sviluppo, contrariamente a quanto sembrava possibile fare nei primi mesi – i più incerti – di Covid-19.
In tanti ambiti i livelli occupazionali erano insufficienti già prima della pandemia. L’emergenza sanitaria ha solo acuito situazioni inique e ingiuste. Il lavoro dipendente si è impoverito e le diseguaglianze sono aumentate, mentre la qualità dei servizi viene rivelata come “soddisfazione” di chi consuma, senza riconoscere la centralità del personale che sta dietro alla loro fruibilità.
La diminuzione delle ore lavorate a parità di salario è una sorta di tabù indicibile, anche in larga parte della sinistra che sta dentro le istituzioni: anche le nuove assunzioni degli enti locali sono insufficienti rispetto ai tagli operati negli ultimi anni, mentre sarebbe opportuno rilanciare tutto ciò che riguarda il modo in cui le persone vivono il territorio e si relazionano tra loro.
In un mondo che sta cambiando ci sembra che la politica stia definitivamente rinunciando a qualsiasi idea di trasformazione in positivo, ripetendo gli stessi paradigmi con cui è iniziato il nuovo millennio, segnato da continue crisi, che però non determinano nessuna maturazione di nuove prospettive.
Di fatto si sta continuando a mettere in contrapposizione i diritti della cittadinanza: quello alla salute e quello al lavoro, che attraversa in modo importante anche i cambiamenti climatici e quello che ci possiamo o non possiamo permettere per “salvare l’economia”, come se vivessimo per quest’ultima e non l’inverso.
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