Articolo originale pubblicato su Il Becco dell’8 luglio 2020 (qui)
Paolo Grossi è un nome di riferimento imprescindibile per chi si interessa di storia del diritto. Fiorentino, del 1933, ha percorso numerose strade. Quella di giurista, quella di accademico e quella istituzionale. Ha ricoperto anche l’incarico di Presidente della Corte Costituzionale (tra il 2016 e il 2018).
Di due anni fa è una brevissima pubblicazione: Una costituzione da vivere (edizione Marietti 1820). Si tratta di un “breviario di valori” di qualche decina di pagine. I contenuti sono noti a chi è cresciuto tra una cultura attenta ai valori della Repubblica e della Costituzione italiana. Vengono affrontati con sintetica profondità, da un autore che interpreta le norme in relazione alla società che regolano.
Spesso il diritto viene trattato come oggetto astorico, producendo danni su diversi piani, specialmente in ambito politico e istituzionale.
L’autore ricorda verso la fine la distinzione tra individuo e persona. Il primo è un soggetto astratto, il secondo si inserisce nella società. I valori individuati in Italia nel secondo dopoguerra guardano alla seconda categoria. I DPCM e larga parte delle decisioni del recente passato alla prima.
Imporre a tutte e tutti di restare all’interno della propria abitazione non implica uguaglianza. Chi ha un’abitazione ampia e con area verde si adatterà alla situazione in modo diverso. Nel caso della didattica a distanza chi ha una connessione lenta e pochi libri in casa si ritroverà con mezzi nettamente inferiori rispetto ad altre persone (per non parlare di chi avrebbe bisogni educativi particolari e si è ritrovato privo di quei sostegni che pure dovevano essere garantiti). L’emergenza legata a Covid-19 ha solo acuito una disuguaglianza ampiamente diffusa anche in Italia. Paolo Grossi ci aiuta a ricordare come la Costituzione indichi un’armonia da ricercare quotidianamente tra dimensione individuale e sociale del singolo soggetto. Questa si esprime guardando più ai doveri che ai diritti, aggiunge l’autore.
Un modo di guardare alla vita pubblica ormai raro, ma fedele all’impianto democratico con cui è stata immaginata la nostra Repubblica.
La Firenze di questa estate 2020 è lacerata dal drammatico scontro tra diversi diritti, che sono apparsi con violenta dirompenza per la totale incapacità delle istituzioni di riconoscere i problemi e tentare di risolverli. Il diritto a vivere gli spazi pubblici nega il diritto al riposo, il diritto a lavorare nega il diritto a non essere sfruttati, il diritto a essere liberi nega il diritto alla tutela della salute (propria e di chi si ha intorno). Le cronache di malamovida inducono Giunta e Prefetta del capoluogo toscano a litigare su chi deve mandare più divise per le strade, in chiave repressiva.
Non stupisce, se si pensa a come timidamente solo oggi il Ministro della Salute eviti il tema dell’obbligatorietà del vaccino per la nuova pandemia, confidando nell’educazione e nella responsabilità della cittadinanza. Nelle scorse settimane tutto era invece solo imposto. Con una comunicazione che guardava alle persone come si fa con bambini e bambine che si ritiene non possano comprendere la realtà.
Le leggi e la politica riguardano le nostre vite. Anche se non viene riconosciuto. La Costituzione esprime nella sua forma scritta solo l’estremo superiore di una dimensione pubblica in cui tutte e tutti dovrebbero concorrere, secondo le proprie possibilità, articolando diritti e doveri.
Il breviaro di Paolo Grossi parla al presente e al futuro. Lo fa ricordando la centralità che dovrebbe avere la dimensione del lavoro, lo fa con la passione di una persona che difende la Repubblica con la passione di chi ha guardato la storia e ha imparato ad amare le conquiste di libertà che sono state ottenute.
Fuori dalla dimensione economica, esiste la persona, al centro del diritto e delle tutele. Non individuo isolato a cui garantire astratta libertà, ma soggetto calato nella società, i cui diritti si accompagnano a doveri, perché questi doveri sono riconosciuti come necessari e utili al fine di garantire gli stessi diritti.
La sensazione è che si stia tornando a una concezione moderna della democrazia (precedente a quella espressa dalla nostra Costituzione). Si è liberi di accedere alla ricchezza, se non ci si riesce è solo per proprie responsabilità.